È troppo complicato, ci sono troppe cose da conoscere, bisogna studiare, rinuncio.
Sono frasi tipiche di chi almeno una volta nella vita ha tenuto un’acquario. A mio modo di vedere persino i più insensibili agli animali o perlomeno chi ritiene il pesce come animale privo di “anima”, di personalità, il meno paragonabile all’essere umano, utile per di più alla frittura, prima o poi ci rimane male di fronte alla sua morte perché in qualche modo si ritiene responsabile di non avergli dato le giuste cure dopo averlo rinchiuso tra piccole pareti di vetro. In questi casi le reazioni tipiche sono due: riprovare informandosi meglio con amici, negozianti, sul web oppure rinunciare. Il peso di dover tirar fuori dalla vasca un essere vivente piccolo e inerme non è una cosa da sottovalutare specie quando in casa abbiamo anche bambini. Anzi in quei casi sarà capitato a molti di fingere di dare cure al pesciolino dovendolo portare al negozio per poi comprarne un’altro il più possibile uguale e mettere in scena la sua guarigione miracolosa. Dopo questa avventura teatrale però sorgono dubbi su come non far fare la stessa fine al nuovo ospite e allora: sarà l’acqua inadeguata? Cosa c’è che non va nella vasca? L’avrò nutrito male? E si scopre un mondo.
L’acquariofilia è un insieme di esperienze che raccolgono discipline tra le più svariate: chimica, fisica, elettrotecnica, elettronica, idraulica fino ad arrivare all’informatica con l’utilizzo di computer di bordo o nuovi sistemi votati all’Internet of things ovvero oggetti intelligenti collegati in rete che permettono di agire in modo autonomo o controllati in tempo reale da remoto attraverso lo smartphone. Queste esperienze, tecniche e prassi, tolte quelle più comuni e consolidate, si scopre piano piano essere un universo fatto di letteratura, racconti del vicino di casa, consigli dei negozianti e addirittura leggende, dove per far la stessa cosa si può agire in modi diversi. L’istinto porta a miscelare le varie informazioni con la speranza di rafforzare i risultati ma la vera strada, credo, sia quella della quotidianità, dell’esperienza diretta, di trovare i giusti compromessi. Del resto ogni acquario ha il suo ecosistema dato dall’ambiente casalingo, temperatura, umidità, sole, acqua utilizzata… Le variabili sono talmente tante che non si può seguire una strada sola, consolidata. È il bello e allo stesso tempo la cosa più stressante per i neofiti: la sperimentazione. E alla fine tenere un acquario come si deve è complicato ma anche stimolante e divertente. Vi racconterò quello che farò.